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Sputi e minacce ai bimbi
Filmati i maltrattamenti Sospesa maestra d’asilo

La scuola per l’infanzia di San Gottardo, teatro dei fatti sfociati in un’inchiesta sulla maestra. COLORFOTO
La scuola per l’infanzia di San Gottardo, teatro dei fatti sfociati in un’inchiesta sulla maestra. COLORFOTO
La scuola per l’infanzia di San Gottardo, teatro dei fatti sfociati in un’inchiesta sulla maestra. COLORFOTO
La scuola per l’infanzia di San Gottardo, teatro dei fatti sfociati in un’inchiesta sulla maestra. COLORFOTO

Per il procuratore Cappelleri quelli applicati da Giovanna Priante, 59 anni, da quaranta maestra alla scuola dell’infanzia San Gottardo a Zovencedo, sono «metodi ottocenteschi». Per le sue colleghe, che ne avevano invece denunciato alla preside i modi a dir poco autoritari già nell’ottobre di due anni fa, gli atteggiamenti della coordinatrice della struttura scolastica nei confronti dei bambini erano ormai diventati insostenibili. Tanto da segnalarli, un anno dopo, ai carabinieri. Che hanno quindi avviato le loro indagini, coordinati dal pubblico ministero Giulia Floris, piazzando quattro telecamere nelle aule della scuola materna, e assistendo per quindici giorni di fila alle sfuriate, agli scappellotti e agli strattonamenti rifilati ai bimbi, tutti di età compresa tra i tre e i cinque anni. Lunedì la maestra, ascoltata dal giudice per le indagini preliminari, Roberto Venditti, è stata sospesa dall’insegnamento per cinque mesi. La procura ne aveva invece chiesto l’allontanamento per dodici. Di fatto, almeno per quest’anno scolastico, in classe non ci rimetterà più piede. Nel caso, se ne riparlerà a settembre.

LE INDAGINI. Le prime a portare all’attenzione della preside, Maria Pastrello, il metodo di “insegnamento” della loro collega più anziana erano state le altre maestre della San Gottardo. Che le urla, i rimproveri, le spinte e qualche scapaccione ai bambini proprio non li sopportavano più. Troppo eccessivi. E soprattutto troppo duri per continuare a tacere e a far finta di nulla. Siamo nell’ottobre di due anni fa. Ma nonostante la presa di posizione e il confronto con la dirigente, alla fine, nulla cambia. Giovanna Priante non modifica di una virgola il suo atteggiamento. Secondo lei i bambini è così che si educano. Rifilando, quando serve, anche un sonoro ceffone. Per le altre insegnanti invece la situazione non può andare oltre. E scatta dunque un’altra segnalazione; stavolta ai carabinieri. Che intervengono alla San Gottardo con il radiomobile di Vicenza e i militari di Barbarano. Per cercare di capire cosa accada nelle aule della scuola dell’infanzia di Zovencedo, nell’ottobre scorso, piazzano quattro telecamere, filmando, ininterrottamente per quindici giorni. Al termine dei quali, dopo avere visionato le registrazioni, cominciano a sentire anche i genitori dei bambini. Anche se nessuno ammette di avere notato nel proprio figlio comportamenti diversi dal solito o il rifiuto per la scuola.

FILMATI E INCHIESTA. Le immagini, per quanto non mostrino episodi particolarmente crudi, sono comunque eloquenti. In un “frame” si vede un bambino, palesemente intimorito dalle urla della sua maestra, strisciare rasente il muro cercando di mettersi al riparo dalla furia dell’insegnante. In un altro un compagno viene strattonato per la maglia, preso e trascinato di forza per un braccio. E poi, ancora, a un ragazzino viene rifilato un ceffone; il tutto, a quanto pare, condito da urla e insulti. In un caso, poi, stando agli investigatori e alla procura, Giovanna Priante, per dimostrare a un piccolo alunno che non si deve sputare ai compagni; gli avrebbe, a sua volta, sputato addosso. Lei nega. Lo fa con decisione. Lo ha ripetuto anche davanti al gip nel corso dell’interrogatorio che si è svolto luendì pomeriggio: «Io ai bambini non ho mai fatto del male, tantomeno sputato. Quella era una simulazione». La procura, e gli uomini dell’Arma, la pensano invece in maniera diametralmente opposta. Quello sputo, per loro, ci sarebbe stato eccome. E forse non sarebbe stato nemmeno l’unico, arrivando a completare un quadro indiziario pesante che non troverebbe giustificazione in semplici comportamenti severi, ma in veri e propri maltrattamenti.

Matteo Bernardini

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